Per una serie di concause tutt'altro che secondarie, alla fine dell'ottocento le influenze della seconda rivoluzione industriale, si sono riversate anche nel mondo agricolo con gravi ripercussioni sulla manod'opera, in special modo quella poco specializzata. Il progresso infrastrutturale poco confortato da un'attenta politica di gestione delle risorse, aveva al tempo accentuato gli effetti negativi di una prematura globalizzazione nel mondo agricolo, che di fatto aveva portato ad una anomala distribuzione di prodotti da parte di paesi che avevano bassi costi di mano d'opera. Le infrastrutture costruite all’epoca avevano semplificato gli scambi commerciali non prevedendo, peraltro la concorrenza di stati emergenti che potevano esportare nel Paese a prezzi molto bassi. La situazione climatica degli anni precedenti aveva contribuito all’impoverimento delle popolazioni rurali, i pochi raccolti mal pagati e sovra tassati non erano sufficienti per garantire la sopravvivenza delle popolazioni. Tra tasse di varia natura compresa la famigerata tassa sul macinato ed altre gabelle, braccianti, agricoli ed artigiani ben presto si trovarono impossibilitati a sfamare le proprie famiglie. Era il preludio del disastro esploso poi con i moti della primavera del 1898. Ad aggravare notevolmente la situazione, l'industria meccanica aveva iniziato a sfornare macchine agricole per uno sfruttamento intensivo dei campi a scapito della manod'opera meno qualificata. Nel nostro Paese le macchine agricole ebbero un notevole sviluppo nelle piane della pianura padana soprattutto nell'area compresa tra Ravenna e Ferrara.
Sinteticamente l'industria americana ed europea, contrastavano la concorrenza fortissima dei prodotti agricoli provenienti dai paesi dell'Est con l'inserimento di gigantesce macchine agricole in grado di produrre a prezzi più bassi ma a scapito del lavoro dei braccianti, con un sensibile impoverimento delle comunità rurali. Ed in effetti nei territori agricoli dove la morfologia del terreno non consentiva l'applicazione delle macchine, le comunità agricole riuscivano a sopravvivere grazie alla scarsa concorrenza ed anche per la naturale propensione in quei territori di coltivare quello che tecnicamente era più facile, con consumi prevalentemente locali.
Uno dei produttori della rivoluzione del lavoro nei campi nella fine dell'ottocento, era proprio con tutta la sua gamma di macchine la ADVANCED RUMELY, negli states vi erano modelli in grado di svolgere lavori di aratura di enormi distese di terreni con un apporto minimissimo di mano d'opera.
Il modello presente nel museo è un fiore all'occhiello di tutta la collezione agricola ed è il "B" Oil Pull